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Totem Card Feltre
totem - torri, teatro musei
La card che svela il patrimonio artistico e culturale feltrino
Arroccata sul colle delle Capre e cinta dalle mura rinascimentali, con la suggestiva quinta delle Vette feltrine, la cittadella consente di immergersi in un ambiente ricco di testimonianze e suggestioni storico artistiche.
La card ToTeM consente l’accesso ai tre Musei della città situati tutti nel centro storico a breve distanza l’uno dall’altro: Galleria d’Arte moderna “Carlo Rizzarda”, Museo Civico e Museo Diocesano Belluno – Feltre, alle Torri del Castello (apertura stagionale) e alle antiche prigioni di Palazzo Pretorio (apertura stagionale).
i siti visitabili con la carta TOTEM Feltre
Le antiche Prigioni di Palazzo Pretorio
Salita Vittore dal Pozzo
Gli ambienti nel piano interrato e seminterrato del Palazzo Pretorio ospitano attualmente l’Archivio comunale, scrigno della memoria storica cittadina. Recano tuttavia ancora evidenti tracce del loro passato utilizzo, mantenuto fino al 1965: le basse, massicce porte borchiate con finestrella e doppi catenacci, scritte, numerazione delle celle e graffiti dei detenuti sui muri.
Sembra che l’edificio destinato a residenza dei rettori veneziani coincidesse con l’antico palacium communis. Dopo la distruzione del 3 luglio 1510 da parte delle truppe di Massimiliano d’Asburgo il governo si mosse per la ricostruzione della struttura, avviata, secondo lo storico Antonio Cambruzzi, già sotto Antonio Foscarini nel 1515. Nel 1517 il palazzo doveva però essere ancora in rovina se il rettore Agostino Moro ne mise a disposizione il sedime per la costruzione della nuova cattedrale in corpore civitatis, mai realizzata. L’opera di riedificazione intrapresa durante il mandato di Michele Cappello nel 1524 fu ultimata da Girolamo da Lezze e il primo rettore che tornò ad abitarvi nel 1533 dalla provvisoria sede nel castello fu Marco Loredan, come si apprende dalla relazione di quest’ultimo.
Nei domini di Terraferma la giustizia civile e penale erano amministrate dai rettori veneziani, coadiuvati da un numero variabile di assessori, ovvero giuristi laureati in utroque iure, civile e canonico, uno solo nel caso di Feltre. Risultava dunque funzionale la vicinanza agli alloggi del rettore di un certo numero di celle per i detenuti in attesa di giudizio.
Nelle prigioni di Palazzo pretorio venne ristretto, tra gli altri, Lorenzo Mozzi, figlio di Orazio, conte di Cesana, «famigerato delinquente, assassino plurimo, ladro abituale di bestie», con tre bandi pendenti sulla testa, dei quali due perpetui, che, giuntovi gravemente ferito, dopo essere stato interrogato nella prigion forte fu trasferito in quella chiara, spirandovi la sera del 15 aprile 1641.
A diretto servizio della corte pretoria erano le Cancellerie criminale e civile che, nella riunione del Maggior Consiglio presieduta dal rettore Andrea Tiepolo, l’11 luglio 1543, si decise di dislocare nel vicino ricostruendo Palazzo della Ragione. Come coadiutore alla Cancelleria criminale giunse a Feltre nel 1729 il giovane Carlo Goldoni che, oltre ad esercitare la professione legale, a Feltre stilò i primi componimenti teatrali.
Il percorso nelle antiche Prigoni, negli ambienti illuminati in notturna, costituiti da corridoi sotterranei e anguste celle occupate da antichi registri manoscritti e allestite in modo da rievocare l’originaria funzione, è arricchito da mostre tematiche immersive rinnovate periodicamente.
Il Castello e le Torri dell'Orologio e del Campanon
Salita Nicolò Ramponi
Il castello, posto sulla sommità del Colle delle Capre, domina con la sua mole la sottostante piazza Maggiore e rappresenta l’emblema della città. È detto di Alboino dalla tradizione che vuole Feltre più volte distrutta dai barbari e subito riedificata. I sondaggi archeologici datano in realtà il mastio all’XI sec.
Il castello, con funzione difensiva, in epoca medioevale era munito di quattro torri angolari, mentre al centro, isolato svettava quello che i Feltrini chiamano el Campanon. Su di esso campeggiava dipinto un enorme leone di San Marco. Sull’attuale Torre dell’Orologio compariva invece la Giustizia con spada e bilancia, accompagnata dal Leone di San Marco. La decorazione esterna fu realizzata da Lorenzo Luzzo nel 1518. Anche gli ambienti interni recano affreschi del XVI secolo.
La Torre dell’Orologio costituiva in realtà l’antica porta-rivellino del castello, munita probabilmente di ponte levatoio e con un lungo passaggio interno che proteggeva la ripida strada di accesso al mastio. Sulla parete ovest, verso la piazza, si leggono ancora i segni della porta carraia e di quella pedonale tamponate, protette dalla torre merlata. Sempre sul fronte occidentale è murato uno scudo lapideo di foggia gotica, datato 1324, che ricorda il dominio su Feltre di Cangrande della Scala per mezzo del suo luogotenente Galesio Nichesola e la costruzione della Torre.
La Torre non subì danni durante le distruzioni del 1509 e 1510 tanto da essere utilizzata come residenza del rettore fino al 1533, quando venne ricostruito il Palazzo Pretorio. Da essa il governante raggiungeva, attraverso un camminamento, la sottostante loggia dove teneva pubblica udienza.
La visita alla Torre dell’Orologio consente di dominare dall’alto Piazza Maggiore e di riviverne l’evoluzione dalla distruzione del 1510, grazie alle nuove tecnologie della «Finestra del Tempo».
La Torre del Campanon svetta con la sua altezza di circa 34 metri sulla sommità del Colle delle Capre.
La sua fondazione è riconducibile all’epoca tardo romanica, corrispondente alla prima fase costruttiva, dal basamento all’altezza di circa 19 metri, caratterizzata dall’uso di pietre bianche e rosa e da aperture ad arco. La seconda fase, riconducibile al periodo tardo medioevale, è connotata dall’uso di pietra arenaria e aperture architravate. Potrebbe essere conseguente ai dissesti causati dal terremoto del 25 gennaio 1348 che provocò ingenti danni a Feltre e nell’Italia Nord-Orientale.
Il complesso fortificato dovette subire interventi di restauro nel 1406, sotto il governo di Francesco Foscari. Lo storico Antonio Cambruzzi ricorda che lo stesso rettore, sorvegliando l’andamento dei lavori, scivolò dall’impalcatura, precipitando «su un pezzo di muro fatto di fresco», ma restò illeso grazie all’intercessione dei Santi patroni Vittore e Corona. L’episodio è istoriato in una lunetta seicentesca affrescata nel chiostro del Santuario di San Vittore, che effigia anche il complesso del castello. La terza fase, risalente alla seconda metà del XVI secolo, corrisponde alla sopraelevazione fino al livello attuale che ha inglobato la merlatura ghibellina. Le murature furono riparate dopo il crollo delle campane a seguito di un violentissimo temporale nel 1579, narrato dal Cambruzzi, che causò lo sfondamento delle strutture lignee, dei solai e delle scale. In questa occasione furono rifatte le campane, delle quali la maggiore «accresciuta di 800 libbre» fu collocata sulla torre del castello, mentre la minore fu posta sulla Torre dell’Orologio. Nel 1676 la grande campana del peso di 3600 libbre fu sostituita con l’attuale di 3800 libbre, realizzata da Antonio Trabucchi di Bormio, come attestano data e nome incisi nel bronzo. Essa fu la sola in città a non essere requisita dalle truppe austro ungariche durante l’invasione del 1917-18
Con il venir meno della funzione strategica e difensiva del castello, culminata con la soppressione dell’incarico del castellano nel 1591, la Torre del Campanon ha assunto per la città una funzione simbolica con il solo scopo di avvisare la cittadinanza di incendi o situazioni di pericolo o chiamare a raccolta in particolari circostanze.
Il recupero conservativo delle strutture lignee interne e la messa in sicurezza del percorso per raggiungere la sommità della Torre hanno consentito di renderla fruibile dominando con lo sguardo l’intera vallata feltrina.
Museo civico-archeologico
Via Lorenzo Luzzo, 23
Il Museo civico-archeologico, nel cinquecentesco palazzo Villabruna, dal 2022 si presenta rinnovato. La nuova sezione a piano terra illustra la fisionomia della città nel periodo romano, avvalendosi di moderne tecnologie multimediali e con un’impostazione didattica. Nell’ampio atrio sei capitelli ionico-italici del I sec. a.C., rinvenuti in via Cornarotta, accanto ad uno corinzieggiante del I sec. d.C., emerso nel 1926 durante i lavori di sistemazione di Piazza Duomo, offrono un eloquente saggio dell’edilizia pubblica dell’antica Feltria. Nella prima sala si fa cenno alla fase preromana, mentre nella seconda sono proposti esempi di scultura: dall’enigmatica testa di satiro del I sec. d.C., rinvenuta nel 1935 tra via Mezzaterra e piazza Trento e Trieste, al busto di efebo della fine I-inizio II sec. d.C., copia dall’originale di Policleto, scoperto entro la muratura dei palazzetti Bovio-Da Comirano.
La terza sala ospita la monumentale statua di Esculapio, in marmo pario, dell’inizio del II sec. d.C., rinvenuta nel 1974 nell’area archeologica del Duomo. Vi trova posto anche l’ara della divinità italica Anna Perenna, venuta alla luce nel 1922 durante gli scavi per la costruzione della canonica della Cattedrale. Nella terza sala sono collocate basi di statua e lapidi le cui iscrizioni, adeguatamente spiegate, consentono di conoscere le strutture amministrative, le magistrature, i sacerdoti, le corporazioni operanti in città e alcune gentes di rilievo. Si spazia dalla base di statua a Gaio Firmio Rufino, patrono del collegio dei fabri (artigiani), dei dendrophori (commercianti di legnami) e dei centonarii (fabbricanti di stoffe) di Feltre e della misteriosa Berua, a quella che, menzionando un lascito in memoria del ricco Ostilio Flaminino, ricorda il giorno natale della città. Insolita è la vicenda del «pretoriano sepolto due volte», Lucio Oclazio Fiorentino, ricordato in un’iscrizione lapidea emersa dopo l’alluvione del 1564 tra le ghiaie del torrente Colmeda e, al tempo stesso, in una stele rinvenuta lungo la via Cassia, concessa in prestito dal Museo nazionale romano alle Terme di Diocleziano.
Le sale sei e sette sono dedicate al culto dei morti e propongono iscrizioni, monumenti funerari e corredi rinvenuti nel cimitero cittadino e nel territorio di Sovramonte.
I piani superiori hanno mantenuto l’impronta della casa-museo dovuta al primo allestimento curato da Alberto Alpago-Novello nel 1928. Nel sottoportico, affacciato sul piccolo giardino interno, viene proposta una raccolta di stemmi lapidei e dipinti di famiglie nobili locali e di podestà veneti, provenienti da palazzi del centro storico e dal demolito arco d’ingresso alle Scuole della Comunità in via Paradiso.
Tra gli elementi salienti del museo vi è la ricca collezione di arredi, frutto della maestria di artigiani locali, ceramiche e suppellettili dei secoli XV-XVIII e una rilevante pinacoteca.
Quest’ultima, per buona parte costituita dalla collezione del conte Jacopo Dei, annovera capolavori dell’arte veneta dal XV al XIX secolo. Tra i dipinti più significativi vi sono il Ritratto di Prelato di Gentile Bellini, la Madonna col Bambino tra San Giovanni Battista e Santa Elisabetta di Vittore Belliniano, la Pala di Zermen di Giambattista Cima da Conegliano e la Pala di Caupo di Lorenzo Luzzo. Anche il ‘600, con le sue disparate tendenze, è ben rappresentato, da artisti quali Sebastiano Mazzoni, Girolamo Forabosco, Francesco Maffei, Pietro Liberi, Andries Both, Gregorio Lazzarini, Pier Francesco Mola, Pietro della Vecchia e Nicolas Régnier.
Una sala è dedicata al più rilevante pittore feltrino del ‘700, Girolamo Turro, con le sue opere ispirate dapprima a Sebastiano Ricci e Jacopo Amigoni, di impronta chiarista, e via via sempre più sovraccariche e dai colori terrosi.
Concludono la carrellata i dipinti dei pittori ottocenteschi Pio Sanquirico, Teodoro Matteini e Carlo Bevilacqua.
Nel Museo sono inoltre esposti il prezioso manto di Carlo IV, donato, secondo la tradizione, dall’imperatore al Santuario di San Vittore e sculture, tra le quali il crocifisso eburneo seicentesco di Francesco Terilli e il modello di fontana in legno di cirmolo di Valentino Panciera Besarel datato 1864.
Galleria d'arte moderna «Carlo Rizzarda»
Via Paradiso, 8
Museo di arti decorative unico al mondo, la Galleria d’arte moderna «Carlo Rizzarda» fu istituita per legato testamentario dal celebre fabbro ornatista di origini feltrine ed aperta al pubblico nel 1938. Conserva oltre 400 manufatti in ferro battuto forgiati in forme sinuose ed eleganti tra il 1910 e il 1930 da Carlo Rizzarda: cancelli, lampade, inferriate, ringhiere e formelle. In essi la fantasia creativa dell’artefice ha saputo trarre ispirazione dal mondo vegetale e animale, fondendo suggestioni tratte da disparate fonti – dall’oreficeria medioevale al rococò, dai motivi orientali al cifrario araldico – dando luogo a sorprendenti accostamenti. Il metallo forgiato e rifinito a grafite, a porporina o con patine alla pompeiana, è spesso completato dai vetri Cappellin e Fratelli Toso. La Galleria conserva inoltre oggetti d’arte decorativa e opere d’arte acquistati dal maestro per arredare la dimora milanese. Notevole il nucleo delle ceramiche: le maioliche di Enrico Mazzolani, con le eleganti figure femminili Liberty e il dannunziano Sogno, il Pesce San Pietro di Ferruccio Mengaroni, i vasi di Galileo Chini, le terraglie di Guido Andlovitz e di Helen König Scavini per LENCI. Tra i vetri vi sono il Vasetto rosso, la Zucca, il Polipo e il Pesce con decoro fenicio di Carlo Scarpa per MVM Cappellin & C., un vaso Barovier a disegni floreali e un calice disegnato da Otto Prutcher per Meyr’s Neffe.
Tra i pittori dell’Ottocento si trovano il maestro degli Impressionisti Eugéne Boudin con Veduta di Porto, Giovanni Fattori con Cavallo sellato, Gaetano Previati con Capelli d’oro, Guglielmo Ciardi con Dopo la pioggia e Telemaco Signorini con Poggio all’Isola d’Elba e Fanciulla al poggio.
Il XX secolo è rappresentato, tra gli altri, da Egon Schiele con il carboncino su carta di soggetto erotico Posa plastica, Felice Casorati con Natura morta con uova e limoni, Mario Cavaglieri con Porcellane e Carlo Carrà con due rare incisioni.
Vi sono i fondatori del gruppo del Novecento italiano Anselmo Bucci e Leonardo Dudreville. Tra gli scultori spiccano Adolfo Wildt con Vir temporis acti, Libero Andreotti con Modella che fugge, Francesco Messina con Adolescente e Costantin Meunier con Scaricatore di porto. Da segnalare i mobili della Sala da pranzo disegnati da Giovanni Muzio, con tanto di autocitazione della Ca’ Brutta nelle tarsie, e lo studio progettato da Giambattista Gianotti. La donazione della collezione d’arte contemporanea della giornalista Liana Bortolon ha ampliato la raccolta con opere di maestri del ‘900 come Pablo Picasso, Marc Chagall, Georges Braque, Mario Sironi e Massimo Campigli.
Opere di Tancredi Parmeggiani e Walter Resentera si trovano nella sezione dedicata agli artisti feltrini.
Nel 2021 è stata inaugurata la collezione di vetri veneziani Carla Nasci-Ferruccio Franzoia donata da Ferruccio Franzoia alla Galleria. Si tratta di circa 900 pezzi di grande pregio che comprendono, tra le altre, creazioni di Vittorio Zecchin, Carlo Scarpa, Napoleone Martinuzzi, Tomaso Buzzi, Tyra Lundgren, Paolo Venini, Fulvio Bianconi, Massimo Vignelli, Toni Zuccheri, Tapio Wirkkala, Guido Balsamo Stella, Alfredo Barbini, Archimede Seguso, Mario Deluigi, Luciano Gaspari, Sergio Asti, Alessandro e Laura Diaz de Santillana. L’allestimento, curato dallo stesso Ferruccio Franzoia, si snoda all’ultimo piano in tre raffinatissime sale con un itinerario “capriccioso”, sulla falsariga delle scelte qualitative e di gusto personale che hanno ispirato la genesi della collezione. Dalla produzione della ditta VSM Cappellin Venini & C. fondata nel 1921 da Giacomo Cappellin e Paolo Venini, con la figura centrale del direttore artistico Vittorio Zecchin, si passa ai lavori della MVM Cappellin & C. e VSM Venini & C., con gli oggetti riferibili alla presenza a Murano di Carlo Scarpa, gli esemplari della produzione Venini degli anni tra il 1925 e il 1960 e una miscellanea di prodotti di altri autori e ditte attivi in laguna. Il terzo e ultimo settore è dedicato ai vetri da mensa dal XVIII al XX secolo.
Museo Diocesano Belluno Feltre
Via Paradiso 19
L’antico palazzo dei Vescovi di Feltre, sviluppatosi a partire dal XIII secolo attorno a due antiche torri urbane, gravemente danneggiato dal sisma del 1348, fu ristrutturato e ampliato nel corso dei secoli XIV e XV, raggiungendo, a fine Quattrocento, le dimensioni attuali. Nuovi interventi si resero necessari a seguito dell’incendio che distrusse la città nel 1510. Un’importante ristrutturazione che lo portò alla configurazione definitiva si ebbe tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo. Dopo l’utilizzo come orfanatrofio e casa per il clero, seguito da anni di abbandono, l’antico vescovado è stato sottoposto a lunghi e complessi interventi di restauro conclusi nel 2018 con la completa restituzione alla città del palazzo nella rinnovata veste di Museo diocesano. Questo si compone di 25 stanze ed espone oltre 250 opere che spaziano dai primi secoli del Cristianesimo al Novecento, provenienti dai territori delle antiche diocesi di Feltre e Belluno e dall’arcidiocesi di Udine, cui faceva capo il Cadore. Il salone principale che accoglie il visitatore presenta un importante affresco del 1504 riconducibile alla cultura rinascimentale antiquaria padovana. È caratterizzato da fauni, sfingi, finti marmi preziosi e stemmi, tra i quali quelli del committente, il vescovo Antonio Pizzamano, e del cardinale Domenico Grimani, patriarca di Aquileia, letterato e umanista di vastissima cultura.Provengono da cappelle private le opere allestite nel piano mezzanino: erano conservati nella villa san Silvestro a Cart tre dipinti di Michele Fanoli; nella villa San Giuseppe di Tomo quelli di Sebastiano Ricci (Adorazione dei pastori), Federico Bencovich (Fuga in Egitto), Angelo Trevisani (Transito di San Giuseppe) e Girolamo Brusaferro (Gesù nel tempio fra i dottori) e, infine, nell’oratorio di villa Bellati “Le Case” di Umin gli ovali di Antonio Balestra (Pentimento di Davide e Giudizio di Salomone).
Al primo piano, cui si accede percorrendo una scala monumentale con imponenti figure di armigeri, il Salone Gradenigo è dedicato alla Certosa di Vedana e presenta i capolavori d’arte sacra di Sebastiano Ricci (Battesimo di Cristo e Madonna con Bambino, San Bruno e San Ugo) e di Francesco Frigimelica il Vecchio (Crocifissione). Nella cappella Gera sono conservati «i tesori del museo»: il Calice del Diacono Orso, del sec. VI, il più antico calice eucaristico d’Occidente, una Madonna gotica in alabastro, del 1420-1425, riconducibile alla cerchia del Maestro dell’altare di Rimini, il Busto-reliquiario di San Silvestro opera dell’orafo Antonio di Salvi e la croce post-bizantina del 1542. Le sale adiacenti presentano la scultura in legno, in particolare di Andrea Brustolon, maestro indiscusso della scultura lignea barocca al punto da essere definito dal celebre scrittore francese Honoré de Balzac «le Michel-Ange du bois», il Michelangelo del legno. Vi compaiono anche la Madonna del Rosario di Giacomo Piazzetta e un Crocifisso di Francesco Terilli, oltre a lavori anonimi, ma di altissima qualità come i Dodici apostoli dalla chiesa di San Gottardo di Sospirolo e il gruppo tardo quattrocentesco di San Giorgio e il drago con la principessa dalla chiesa di Domegge di Cadore. Largo spazio ha la pittura su tela e su tavola con dipinti di Jacopo Tintoretto, Luca Giordano, Alessandro Longhi, Gaspare Diziani, Cesare Vecellio, Nicola Grassi, Domenico Corvi. Al terzo piano, nelle antiche prigioni, è esposta l’oreficeria liturgica. I paramenti liturgici, suddivisi cronologicamente, trovano spazio nelle Sale Campeggi e nella Camera Minucci. Al piano terra vi sono sale dedicate alle icone, alla devozione popolare e all’arte sacra contemporanea con opere di Mimmo Paladino, Bruno Saetti, Eliodoro Angelini, Ugolino da Belluno, Augusto Murer, Mario Massarin, Vico Calabrò, Jean Pierre Rousseau, Gianantonio Cecchin.
INFO E CONTATTI
Galleria d’arte moderna “Carlo Rizzarda”
Per info: 327/2562682 – museifeltre@aqua-naturaecultura.com – 0439885234-242
Per info: 327/2562682 – museifeltre@aqua-naturaecultura.com – 0439885241-242
Per info: 327/2562682 – museifeltre@aqua-naturaecultura.com – 0439885241-242
Antiche prigioni di Palazzo Pretorio
Per info: 327/2562682 – museifeltre@aqua-naturaecultura.com – 0439885241-242
Museo Diocesano Belluno Feltre:
Per info: 329 7512121 – info@museodiocesanobellunofeltre.it – 0439844082
carta totem e biglietti musei civici di feltre
TOTEM CARD MUSEI
(acquistabile tutto l’anno in alternativa alla TOTEM CARD PLUS)
TOTEM CARD PLUS
(per il 2024: valida dal 29 aprile al 30 settembre)
BIGLIETTO SINGOLO
Ingresso unico ad ogni singolo sito: Museo civico archeologico, Galleria d’arte moderna “Carlo Rizzarda”, Museo diocesano Belluno-Feltre, Torri del Castello (Torre dell’Orologio e Torre del Campanon)*, antiche prigioni di Palazzo Pretorio
TARIFFA UNICA: € 5,00
*L’ingresso alle Torri del Castello (Torre dell’Orologio e Torre del Campanon), fino all’apertura delle antiche prigioni di Palazzo Pretorio, è previsto solo con l’ingresso singolo a tariffa unica.
TOTEM CARD SCUOLE
PER TUTTE LE ALTRE SCUOLE: 30,00 euro a classe
ABBONAMENTO ANNUALE
RIDOTTO*: € 30,00
*La RIDUZIONE è prevista per i ragazzi fino a 24 anni, per tutti i residenti nel comune di Feltre, per le categorie rientranti nelle convenzioni in atto, per i gruppi (almeno 10 persone).
INGRESSO GRATUITO
Ingresso gratuito per i giornalisti in possesso di tesserino professionale, bambini fino a 6 anni, disabili con un accompagnatore e guide turistiche nell’esercizio della loro attività professionale.
Per ogni Card acquistata viene distribuita la Guida di Feltre. Sfogliala qui sotto:
Per ogni ToTeM Card Famiglia acquistata bambini e ragazzi hanno diritto a ricevere una copia della guida "A spasso per Feltre" di Gaetano il pellicano: un percorso giocato attraverso la città alla scoperta dei tesori e delle bellezze di Feltre.
visite guidate ai musei civici e ai siti museali
Per rendere ancora più unica l’esperienza culturale nella città di Feltre, è possibile effettuare delle visite guidate all’interno del Museo civico archeologico, nella Galleria d’arte moderna Carlo Rizzarda e nelle Torri del Castello (apertura stagionale).
Per informazioni e prenotazioni:
327 2562682 – museifeltre@aqua-naturaecultura.com
Costi:
Sabato, domenica e festivi: 4 € a persona + Totem card
Feriali e aperture straordinarie: € 50 prezzo fisso + Totem card
Scolaresche: € 50 a classe + Totem card scuole
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